9 novembre 2011
“Il rapporto sulle economie regionali diffuso da Banca d’Italia il 7 novembre scorso ha rimesso in evidenza, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il dilagare di un nuovo cancro sociale che sta letteralmente divorando le ambizioni e le speranze dei giovani del Mezzogiorno. Il documento di Palazzo Koch ha infatti corretto al rialzo gli ultimi dati sui “neet” italiani, vale a dire quella categoria di giovani, fortemente in espansione, che non lavorano, non studiano, né seguono alcun percorso formativo. In Italia hanno sfondato il muro dei 2 milioni, ma al sud e nelle isole rappresentano ormai il 33,8% della popolazione under-30. Come dire: in sostanza un giovane meridionale su tre sconta un pericoloso e prolungato esilio ai margini della società. La Calabria, come era prevedibile, non è da meno. Ufficialmente Bankitalia non ha reso pubblica alcuna statistica su base regionale, ma per avere un quadro analitico delle differenze territoriali è sufficiente risalire un pò indietro nel tempo, rispolverando una dettagliata indagine pubblicata a marzo dal Ministero del Lavoro. Nel 2010 i “neet” calabresi erano quantificati al 28,8% dei residenti d’età compresa tra i 15 e i 29 anni: un esercito di circa 112.476 giovani. Solo Campania e Sicilia facevano peggio. Basta disaggregare ulteriormente le percentuali della ricerca per avere un aggiuntiva e sferzante conferma dello stato di enorme disagio in cui versano le giovani generazioni della nostra regione: oltre il 75% dei “neet” calabresi annaspa nel girone dell’inattività professionale, moltissimi di più al paragone di qualsiasi altra regione del Belpaese. In altri termini, hanno rinunciato in via definitiva a rientrare in un qualsivoglia circuito, sia esso professionale o di studio. È questa la spia di una pronunciata sfiducia che, se attraversa le generazioni più giovani dell’interno stivale, appare assumere toni vieppiù preoccupanti dalle nostre parti. Non bastasse, in Calabria viene rilevata la soglia più alta di diplomati colpiti dal fenomeno (il 13%). Ed addirittura, secondo l’ultima relazione dello SVIMEZ, l’Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno, circa il 30% dei laureati del Sud ormai non lavora né studia. Nell’attuale contesto di crisi, con gli enti locali di fatto costretti a stringere la cinghia, come rispondere a questa difficilissima situazione? La nostra soluzione, quella che ci sembra più logica e inevitabile, è con “più Europa”. In tal senso, il piano d’azione per il Mezzogiorno appena siglato da Governo e Commissione europea pare remare nella giusta direzione, includendo tra gli assi prioritari occupazione e educazione. Ma la Calabria può e deve trarre ulteriore profitto dal vasto serbatoio di opportunità offerte dall’Ue. A partire dai fondi diretti, che non vengono adeguatamente sfruttati. L’idea di creare uno spazio fisico che risponda a tali esigenze potrebbe essere l’anello mancante della catena. Un ufficio che avochi a se una duplice funzione: da un lato sostenendo la mobilità internazionale dei giovani calabresi, permettendo di sviluppare nuove competenze linguistiche e interculturali, potenziando il capitale umano e accrescendo le possibilità di occupazione; dall’altro supportando gli enti locali nel processo di acquisizione delle risorse destinate a programmi e iniziative comunitarie di sviluppo. L’Europa immagina le amministrazioni locali e i giovani non come enti periferici o semplici spettatori, ma come protagonisti importanti del proprio futuro. Ed è proprio questo che la Calabria deve tenere a mente per restituire dignità e speranza ai propri giovani.
Domenico Rositano - Francesco Molica (Associazione Calabria 2020)
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