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“Nel 2011 in Calabria persi 6000 posti di lavoro”      
  9 novembre 2011
 

Questi i dati emersi dal tavolo sindacale composto da ANCE Cosenza, Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil relativi al settore edile


COSENZA. Nel 2011, in Calabria, oltre seimila lavoratori operanti nel settore edile espulsi dal mercato del lavoro. Diminuiscono sensibilmente i lavoratori iscritti alla Cassa Edile (oltre il 7,2% in meno), la massa salari (-6.92%) e le imprese attive (-3.92%). Questi i dati emersi dal tavolo sindacale composto da ANCE Cosenza, Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil. “L’andamento dei bandi di gara in Calabria - è scritto in un documento diffuso dopo la riunione - è solo apparentemente positivo. Infatti, al netto dei grandi lavori, tra cui la costruzione e gestione dei nuovi ospedali della Sibaritide, della Piana di Gioia Tauro e di Vibo Valentia e l’ampliamento del porto turistico del Comune di Amantea, rispetto ai primi otto mesi del 2010 l’importo dei lavori diminuisce del 14,4%. Stesso trend a livello provinciale di Cosenza, dove la flessione si attesta al 29.8%. L’occupazione in edilizia nel primo trimestre 2011 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente - si evidenzia - è diminuita in Calabria dell’11.7%, in particolare il numero di occupati inquadrati come dipendenti è calato del 7.7%, mentre quello degli occupati indipendenti è crollato del 20.7%”. Tutti i partecipanti, è sottolineato nella nota, hanno espresso forte preoccupazione per la situazione di un settore così importante in Calabria, che rappresenta da solo il 30% del Pil regionale. Un senso di disagio che aumenta - hanno rimarcato il Presidente di Ance Cosenza ed i segretari di Feneal, Filca e Fillea - se pensiamo che il mercato dei lavori pubblici in provincia, che si è oggettivamente ristretto in termini di importo complessivo delle gare bandite, rischia paradossalmente di restringersi ancora di più con scelte non felici riguardo il criterio di aggiudicazione da parte di alcune stazioni appaltanti. Optare per l’offerta economicamente più vantaggiosa, piuttosto che per quella al massimo ribasso senza correttivi, nei fatti limita la partecipazione alle gare delle imprese. Nel primo caso, infatti, se da un lato si produce un aggravio di costi ed oneri amministrativi, dall’altro si rischia di attenuare la trasparenza nell’aggiudicazione dei lavori per l’uso disinvolto e non sempre giustificato di criteri premiali di difficile ed oggettiva consistenza. Nel secondo vi è la reale impossibilità, da parte delle imprese sane e rispettose delle regole, di proporre ribassi eccessivi pur di aggiudicarsi il lavoro. Per arginare quest’ultimo fenomeno basterebbe prevedere l’esclusione automatica delle offerte anomale”.




 
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